OSSERVAZIONI E PROPOSTE PER LA RIFORMA DELLA LEGGE REGIONALE PIEMONTE 3/2010
Riteniamo che l’occasione di riformare la legge 3/2010, (norme in materia di edilizia sociale) sia importante. Dopo 13 anni è necessario essere coraggiosi e introdurre modifiche decisive alla legge e ai regolamenti per avere uno strumento legislativo che meglio risponda ai mutati bisogni dei cittadini piemontesi.
Anche la recente ricerca-studio sulla situazione dell’E.R.P. dell’area metropolitana di Torino, ha confermato ciò che a tutti è noto, in Piemonte mancano le case popolari! L’edilizia pubblica, che rappresenta nella nostra regione, circa il 2,5% del patrimonio immobiliare complessivo, contro il circa 5% della media nazionale, è largamente insufficiente a rispondere al fabbisogno delle famiglie piemontesi. Infatti negli ultimi anni le assegnazioni di alloggi E.R.P. non sono bastate a soddisfare il 15% delle richieste, nel 2020 la domanda insoddisfatta riguardava 16mila famiglie. In questo contesto, è assolutamente decisivo mettere in cantiere, politiche abitative che siano in grado di aumentare e risanare il patrimonio di edilizia sociale. Per farlo è necessario utilizzare tutte le risorse disponibili, nazionali e regionali; rendere efficienti le ATC completando le piante organiche e dirigenziali, dove necessario, in modo che siano in grado di amministrare al meglio il patrimonio, riducendo i tempi delle manutenzioni e delle assegnazioni, (troppi alloggi rimangono vuoti e inutilizzati per troppo tempo).
Siamo preoccupati del pensiero che sta prendendo piede anche nel dibattito di amministratori pubblici che, considerata la scarsità degli alloggi pubblici, pensano che l’unica possibilità è restringere i criteri per l’accesso e la permanenza nelle case popolari.
Siamo nettamente contrari, a questa impostazione pensiamo sarebbe un tragico errore per tutti se passasse questa proposta, in quanto i quartieri popolari diventerebbero dei veri ghetti abitati soltanto da tante famiglie fragili, con tutti i problemi sociali che ne derivano, non ultimo l’antipatia e spesso l’odio che queste situazioni generano, situazioni che saranno solo le amministrazioni territoriali a dover gestire.
Per queste ragioni proponiamo che la riforma della legge 3 elimini la possibilità di vendita degli alloggi popolari: se le case sono poche non si vendono.
Non solo, crediamo che almeno una parte dei fondi gescal, recuperati con impegno dall’amministrazione regionale, siano usati per l’acquisto di alloggi e che venga accantonata, in modo certo, nel bilancio regionale, una quota di risorse economiche per aumentare la dotazione di alloggi, e gestire il costo del fondo sociale, e dell’E.R.P.. Riteniamo anche necessario continuare a sollecitare il Governo per un finanziamento strutturato per un nuovo piano casa. Questa nostra idea è condivisa, sia da Federcasa, che dall’ANCI.
Nelle case popolari, non devono certo abitare i “ricchi”, ma nemmeno solo i fragili senza o con poco reddito, altrimenti, ci ripetiamo, i quartieri rischiano di diventare invivibili e ingestibili. Per questo siamo fermamente contrari alla proposta di modifica del regolamento all’art. 3-1 sulla decadenza. L’utilizzo di quel parametro significherebbe che un nucleo familiare di due persone, con una paga di 1.500,00 € lordi al mese, decadrebbero dal diritto dall’alloggio. L’attuale parametro è da confermare.
Invece conveniamo sulla proposta di modifica del regolamento all’art. 2 comma 2 che limita l’accesso a chi ha un reddito mobiliare isee che supera i 44.600,00 €.
Riteniamo l’art. 3-2, 2 bis e 2 ter così come sono scritti, discriminatori, in quanto un assegnatario, potrebbe avere la scadenza contrattuale dopo un mese, (bisogna chiarire da quando si inizia a contare i cinque anni contrattuali per i contratti di assegnazione vecchi), invece un altro assegnatario sarà censito dopo anni. Bisogna poi dare la possibilità nel corso dell’anno, di presentare l’isee corrente per variazioni di reddito o di nucleo; l’aggiornamento del canone avviene dal gennaio dell’anno dopo.
Riteniamo che sia necessario realizzare quanto da tempo proponiamo: fare una operazione di giustizia sociale facendo pagare il canone in relazione al nucleo familiare, quindi chiediamo che l’art. 6-2 venga così modificato: ai fini della collocazione dei nuclei nelle rispettive fasce di appartenenza il reddito da considerare è quello riportato nell’indicatore della situazione economica equivalente ISEE.
Conveniamo sulla proposta di modifica del regolamento art. 6-8 sulla riduzione del canone sanzionatorio.
Per la morosità incolpevole prevista dall’art. 7 del regolamento proponiamo venga elevata prevedendo di aiutare più nuclei familiari, passando dal 30% del limite di accesso al 50% e che il calcolo venga effettuato anche in questo caso, sulla situazione economica equivalente ISEE. È indubbio che questa modifica provocherà un aumento dei costi in capo alle pubbliche amministrazioni ma è sicuramente un modo per recuperare una parte di inquilini assegnatari per i quali è stato emesso un procedimento di decadenza mai eseguito. Proponiamo anche che l’art. 20 della legge 3 sul fondo sociale preveda che l’80% della copertura del fondo sia in capo alla regione e il restante in capo ai comuni.
Siamo contrari e stupiti della vostra proposta, contenuta nell’art. 2 comma 1 a, perché in un periodo storico segnato da enormi difficoltà a trovare e mantenere un lavoro, chiusure di attività, precarietà, proporre che non sia sufficiente risiedere da anni nel territorio, ma che sia necessaria una regolare attività lavorativa per accedere all’edilizia pubblica e solo per i cittadini extra comunitari, non solo è discriminante ma anche illogico ed escludente delle persone extracomunitarie che non lavorano ma sono seguite e assistite dai servizi sociali dei comuni.
Chiedere a chi fa domanda di alloggio popolare di non possedere immobili adeguati alle esigenze del nucleo familiare in Italia, (art.2 comma 3), è sensato e condivisibile e anche controllabile, chiedere di non avere proprietà all’estero no perché non è verificabile (nemmeno per proprietà possedute da italiani). Inoltre la casa, da sempre e a tutte le latitudini, è necessaria dove si vive e si lavora e sinceramente non crediamo che chi emigra da noi come rifugiato o in cerca di un lavoro e una vita migliore sia nel paese di origine un facoltoso proprietario di beni immobili.
Ci eravamo opposti alla modifica di legge precedente che ha portato il requisito della residenza da tre a cinque anni, crediamo sia sbagliata. Le recenti sentenze dei tribunali hanno ritenuto questo requisito discriminatorio, proponiamo pertanto, che il requisito di residenza nell’ambito sia di due anni.
Non ci preoccupa la proposta, (art. 2 7), di un punteggio premiale per chi risiede da più anni in regione, come già scritto il vero problema è dare una casa a tutti quelli che ne hanno bisogno, il punteggio premiale cambia poco, ma alla luce della sentenza della corte costituzionale richiamata, riteniamo non opportuno questo punteggio premiale per l’anzianità di residenza.
Proponiamo invece di eliminare il punteggio attuale per chi ha versato i contributi gescal in quanto superati, e di sostituirli con l’anzianità di contribuzione.
È decisivo affrontare il problema delle decadenze per morosità. Chiediamo che venga costituita presso le ATC una commissione composta da rappresentanti dei comuni interessati, sindacati inquilini, funzionari dell’ente, con l’obbiettivo di esaminare e risolvere le situazioni di morosità degli assegnatari per evitare le possibili decadenze.
La legge va applicata: quella attuale e quella futura. Non è stato e non è così. Non comprendiamo come le singole ATC possano decidere di applicare o meno la legge e la Giunta regionale non voglia o non possa richiamarle alla corretta applicazione. Abbiamo contestato immediatamente l’applicazione dell’iva sui canoni attuata da ATC Piemonte nord e sud, chiediamo nuovamente un intervento per toglierla.
Come non è utilizzato in modo puntuale lo strumento dell’auto recupero previsto dalla legge, è necessario prevedere delle regole per l’applicazione uguali per le tre agenzie.
Anche l’art. 24 dell’attuale legge, che prevede la partecipazione degli inquilini alle assemblee condominiali è disatteso, è necessario inserire in legge l’obbligo alla convocazione annuale delle assemblee, presenti gli inquilini che devono conoscere e votare sulle materie di loro competenza.
Chiediamo che venga finalmente predisposto un unico regolamento regionale per l’uso degli alloggi e un unico regolamento regionale per il funzionamento delle commissioni utenza
: devono essere convocate periodicamente e diventare la sede di un continuo confronto e trattativa sui problemi degli assegnatari e sui programmi delle ATC in merito alle manutenzioni e a nuove costruzioni.
Queste inadempienze determinano discriminanti trattamenti tra inquilini assegnatari della stessa regione anche se “regolati” dalla stessa legge, inoltre le inefficienze gestionali determinano un aumento della morosità e un disinteresse degli assegnatari ad avere cura del loro alloggio e delle parti comuni degli immobili dove vivono con il conseguente degrado complessivo del patrimonio.
ATC Piemonte centrale è l’agenzia che gestisce il maggiore numero di alloggi popolari della nostra regione, crediamo utile per un migliore governo dell’agenzia stessa che il numero dei componenti del CdA sia ampliato a cinque componenti, uno nominato dalla città di Torino, uno dai comuni metropolitani.
Come abbiamo scritto le ATC devono essere messe in condizione di lavorare al meglio completando le piante organiche, ma riteniamo anche che in legge debba essere prevista la possibilità di obbligare le ATC a applicare tutta la legge, pena sanzioni per i Consigli di Amministrazione e i dirigenti.
Torino, 16 ottobre 2023